L’autunno è arrivato, l’inverno incombe e non solo quello.
Stiamo tutti attraversando un periodo così particolare e senza precedenti da far quasi passare in secondo piano le sbuffate di mamma Etna, che scoppietta e romba indisturbata quasi a voler attirare l’attenzione.
E noi quaggiù a rincorrere bollettini, telegiornali, dpcm, ansie mai provate prima.
Eppure basta poi imboccare la strada che porta al parco per sentire che nulla è perduto, il cuore si alleggerisce, la mente si quieta.
Eccola.
Una certezza.
Un’aspettativa mai disattesa.
Il sole d’ottobre che scalda di un tono il magico spettacolo che l’autunno mette in scena. Le prime spruzzate di neve e le temperature che ormai richiedono il piumino e, qualche volta, i guanti.
Lassù tutto è immenso, mutevole, magnetico.
E ora, tutto è quiete.
È un po’ come se dopo l’estate la stagione avesse fatto un balzo in avanti di almeno un mese. Eppure qualcuno ancora approfitta della possibilità di immergersi nei panorami unici del vulcano.
E chissà, magari è proprio così. Nella realtà parallela del vulcano siamo forse già avanti, proiettati a quello che verrà dopo: pieni di speranza, vento in faccia, sorrisi stampati, occhi immersi nei colori, orecchie tese per non perdere nemmeno il più piccolo sibilo, siamo tutti bambini pronti a meravigliarsi e a meravigliare ancora e ancora.
Lei c’è. Non scappa. È senza tempo e non ha fretta.
Ci abbraccia quasi a volerci consolare quando è materna. Ma come tutte le mamme si fa sentire, e fa paura, quando si arrabbia.
Abbiamo tanto bisogno di lei. E mi piace pensare che anche lei, qualche volta, abbia bisogno di noi.